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Il discorso di insediamento di Donald Trump ha segnato un punto di svolta. Con parole dure e un messaggio chiaro, il nuovo presidente degli Stati Uniti ha inaugurato la sua amministrazione, che contrasterà le politiche ambientali e di inclusione sociale sotto il motto “America First”.

Le sue parole e le prime azioni del suo mandato sollevano gravi preoccupazioni per chi si batte per un futuro più sostenibile: Trump ha firmato una serie di ordini esecutivi che cancellano gli accordi sul clima, intensificano le politiche anti-immigrazione e minano i progressi fatti verso la sostenibilità sociale e ambientale. 

Il ritiro dagli accordi sul clima: una minaccia globale

Uno dei primi atti di Trump è stato revocare il supporto degli Stati Uniti agli accordi internazionali sul clima, come l’Accordo di Parigi. Questa decisione riduce drasticamente l’impegno del paese nella lotta contro il cambiamento climatico. Gli Stati Uniti, tra i maggiori emettitori di gas serra, giocano un ruolo cruciale nel contenere il riscaldamento globale.

Il ritiro degli USA mette a rischio la cooperazione internazionale. I paesi meno sviluppati, che già soffrono le conseguenze più gravi del cambiamento climatico, potrebbero affrontare sfide ancora maggiori. In un momento storico in cui l’urgenza di agire è evidente, questa scelta segna un passo indietro per il pianeta.

Del resto era stato ampiamente preannunciato in campagna elettorale (al grido “drill baby drill”) e dalla scelta di Donald Trump di nominare segretario per l’Energia Chris Wright. Imprenditore e manager, Wright ha guidato aziende del settore petrolifero e gas, diventando un simbolo delle politiche a favore dei combustibili fossili.

Wright ha definito allarmisti gli attivisti del cambiamento climatico e ha paragonato gli sforzi dei democratici per combattere il riscaldamento globale al comunismo in stile sovietico. «Non c’è alcuna crisi climatica, e non siamo nemmeno nel bel mezzo di una transizione energetica», ha dichiarato in un video pubblicato su LinkedIn. Questa visione mina ulteriormente gli sforzi per una transizione verso le energie rinnovabili, aggravando l’urgenza di affrontare il riscaldamento globale.

Politiche anti-immigrazione: impatti sulla sostenibilità sociale

Tra i primi provvedimenti di Trump ci sono anche misure drastiche contro l’immigrazione. Queste includono il rimpatrio forzato di molti stranieri e il rafforzamento dei controlli alle frontiere.

Le politiche anti-immigrazione non solo dividono famiglie e comunità, ma ostacolano anche la costruzione di società inclusive. L’immigrazione è spesso una risorsa: arricchisce il tessuto sociale, favorisce l’innovazione e contribuisce allo sviluppo economico. Escludere intere categorie di persone significa perdere opportunità preziose per un progresso sostenibile e condiviso.

Lotta alla diversity inclusion

Tra le dichiarazioni più controverse del suo discorso di insediamento, Trump ha annunciato la fine di ogni politica governativa a favore della diversity e inclusion. Ha dichiarato: «Porremo fine alla politica di ingegneria sociale basata su razza e genere in ogni aspetto della vita pubblica e privata. Forgeremo una società basata sul merito e senza distinzioni di colore». Inoltre, ha specificato che per il governo degli Stati Uniti esisteranno solo due generi: maschile e femminile.

Queste affermazioni cancellano anni di progressi nelle politiche di inclusione, ignorando la complessità delle identità di genere e le disuguaglianze strutturali che colpiscono le minoranze. Una società realmente equa non può prescindere dal riconoscere e valorizzare le differenze. Eliminare queste politiche rischia di accentuare le discriminazioni e ostacolare il percorso verso una maggiore equità sociale.

World Economic Forum 2025 e uno sguardo al futuro della finanza sostenibile

Ieri, non è stata solo la giornata di insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, ma a circa 4.000 miglia di distanza da Washington, in Svizzera, è stato inaugurato anche l’inizio dell’edizione 2025 del World Economic Forum.

In un’intervista Thomas Hohne-Sparborth di Lombard Odier IM (gruppo bancario svizzero indipendente) ha riflettuto sul futuro della finanza sostenibile sotto l’amministrazione Trump. Hohne-Sparborth ha sottolineato come il cambiamento climatico sia una sfida economica prima ancora che ambientale. Secondo lui, gli investitori non possono ignorare i rischi legati alla transizione energetica e alle pressioni normative, anche in un contesto politico ostile.

«La sostenibilità è ormai un fattore chiave per il successo economico», ha detto, evidenziando che le aziende che non si adattano rischiano di perdere competitività. Nonostante le politiche di Trump, l’interesse per gli investimenti ESG (Environmental, Social, and Governance) sta crescendo a livello globale. Questa tendenza potrebbe rappresentare una forza trainante verso un futuro più sostenibile, a prescindere dalle scelte governative degli Stati Uniti.

Un futuro a rischio?

Le prime azioni di Trump riflettono una visione politica che privilegia interessi immediati e nazionalistici a discapito di una prospettiva globale e lungimirante. Questo approccio contrasta con i principi di sostenibilità, che richiedono una visione integrata e collaborativa.

L’attivismo ambientale, intanto, sembra perdere slancio. La fatica e la rassegnazione stanno prendendo il posto dell’entusiasmo e della rabbia. I media, distratti da altre crisi globali come guerre e problemi economici, relegano il clima in secondo piano. Questo rischio di disimpegno è un ulteriore ostacolo alla costruzione di un futuro sostenibile.

Ma un futuro più sostenibile è davvero più lontano? 

Di fronte a queste sfide, è fondamentale ripensare a nuovi percorsi trasformativi. Associazioni, cittadini e istituzioni che hanno a cuore il futuro del nostro pianeta ed il benessere delle generazioni future continueranno a lavorare forse con maggior impegno per costruire un cambiamento: la strada verso un mondo più sostenibile passa attraverso l’azione collettiva e la determinazione di chi crede in un futuro migliore.