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Riflessioni su un consumo sostenibile in tempi di saldi.

 

Sono iniziati da poco i saldi invernali in tutta Italia, ma avete mai pensato a cosa servono realmente i saldi?

Principalmente servono a smaltire la sovrapproduzione. La sovraproduzione serve unicamente per abbassare i prezzi di produzione e aumentare i guadagni dei brand (sostanzialmente se devo attivare un impianto – o un processo di produzione – per 1.000 pezzi il singolo prodotto mi costa x, ma se lo attivo per 100.000, il costo di produzione del singolo pezzo mi costa molto meno di x e io ci guadagno di più).

Inoltre, c’è una fortissima influenza psicologica per cui spesso finiamo per spendere di più nel periodo dei saldi che in altri periodi dell’anno: appagati dal senso di un “buon affare”, acquistando prodotti che magari non ci servono e che usiamo poche volte e poi abbandoniamo infondo all’armadio e poi finiscono in discarica.

Magari non abbiamo neanche grandissime possibilità economiche e i saldi ci portano a spendere più di quanto potremmo in realtà permetterci, indebitandoci con finanziamenti che avremmo potuto evitare.

Nell’era del consumismo si sono sempre più affinate infatti le tecniche di neuromarketing (l’area della psicologia che indaga il comportamento d’acquisto) per cui le aziende possono applicare strategie specifiche in modo che acquistiamo più velocemente ed inconsciamente.

Queste strategie consistono nell’includere o modificare gli stimoli esterni che attirano l’attenzione del cliente e generano in lui bisogni o sentimenti per sollecitare all’acquisto di determinati prodotti. Spesso queste tecniche spingono all’acquisto di prodotti scontati insieme a prodotti molto più costosi (quello che in gergo tecnico viene chiamato il “cross-selling”).

Tutto questo – ormai lo sappiamo – non ha solamente un impatto sulle nostre tasche, ma anche sull’ambiente.

La sovrapproduzione coincide inevitabilmente a condizioni precarie e svantaggiate di lavoratori che  – in nome del profitto –  vengono sfruttati, spesso in zone del mondo dove non ci sono coperture sindacali.

Nel mercato dell’abbigliamento poi, le aziende preferiscono creare capi composti da fibre sintetiche derivate dal petrolio (molto più economiche) unite a fibre naturali come cotone e lana. Ma questo rende i capi completamente irriciclabili a fine vita, perché un capo per essere riciclabile deve essere fatto della stessa unica fibra. Per non parlare poi dei processi di produzione e smaltimento estremamente energivori ed altamente inquinanti!

 

Come poter contrastare tutto questo? Iniziando a prendere consapevolezza della complessità della sostenibilità e ad educare a pensare in modo sostenibile!

Perché ognuno di noi, nel suo piccolo, può fare la differenza! Anche con una scelta di acquisto più consapevole.

E allora in questo periodo di saldi, il nostro consiglio è quello di approcciare ogni singolo acquisto chiedendoci “ne ho veramente bisogno?”. Prediligere gli acquisti in negozi vintage/usato o scegliere brand etici e sostenibili.

Ma soprattutto poniamo attenzione alla trasparenza del brand, leggiamo le etichette e verifichiamo le politiche del brand. Stiamo attenti infatti ai “falsi positivi”, ovvero a quelle aziende che si spacciano per sostenibili perché utilizzano magari materie prime naturali o vegani, o perché sostengono progetti sociali ed ambientali  ma non sono trasparenti su dove e come producono e confezionano i loro prodotti. 

Infine ricordiamo che la maggior parte dei brand etici e sostenibili non adottano politiche di sconti proprio per contrastare la filosofia di un consumo insostenibile!

 

Alcuni suggerimenti:

  • Humana Vintage https://humanavintage.it/ – Humana People to People Italia è un’organizzazione umanitaria di cooperazione internazionale che promuove da oltre vent’anni uno sviluppo sostenibile nel settore tessile. Con una filosofia di economia circolare, parte dei capi usati che mettiamo nei contenitori Humana vengono spediti in Africa, Asia e America Latina; altri vengono riqualificati e messi in vendita a prezzi simbolici per sostenere economicamente i progetti umanitari.
  • Aiayuhttps://www.aiayu.com/ – brand danese che seleziona i filati naturali più pregiati e lavorati localmente, sostenendo le comunità locali che li producono in maniera etica.
  • Rifòhttps://rifo-lab.com/ – startup di moda riciclata di Prato che crea capi in fibre rigenerate di cotone, lana, cashmere e seta realizzati da artigiani locali.
  • MioMojohttps://www.miomojo.com/ – azienda di Bergamo che realizza accessori moda innovativi e cruelty-free, con materiali riciclati, upcycled ed una vasta gamma di materiali innovativi, cosiddetti materiali next-gen, di derivazione organica e quindi, non di derivazione animale o da combustibili fossili.
  • Patagoniahttps://eu.patagonia.com/ – nota azienda statunitense di abbigliamento sportivo che ha avuto un forte impatto nella rivoluzione verso un mondo più sostenibile e l’attivismo. Una delle prime aziende al mondo diventata B-Corp (nel 2011) ovvero società a scopo di lucro che soddisfa “rigorosi standard di prestazioni sociali e ambientali, responsabilità e trasparenza”.
  • ACBChttps://acbc.com/ – azienda italiana che realizza accessori moda etici e sostenibili. Nota per le sue sneakers realizzate con scarti di mela e mais e suola “riutilizzabile”, ha ampliano i catalogo prodotti, crescendo anche grazie a partnership con brand noti del mondo della moda.

 

Conoscete altri brand sostenibili? Suggeriteli qui sotto nei commenti!